Uffici stampa e giornalisti, ovvero la storia del cane e del gatto

Prendo spunto da un post un pò serio un pò faceto di Alessandro Longo, che pubblica uno stupidario dell’addetto stampa.

Da segnalare – nei commenti – questa chicca di Luca Salvioli:

“Ciao, mi ha dato il tuo numero…. mi ha detto che ti occupi di energie rinnovabili?
“Sì, insomma, ho scritto qualche articolo…”
“Ecco, benissimo. Perchè c’è questo mio cliente che ha fatto un sacco di cose con le rinnovabili…”
“In che senso?”
“Case, mattoni… poi insomma, sul tecnico non lo so”

Da ridere. O da piangere.

Perchè fare l’addetto stampa e occuparsi di comunicazione in genere non è uno scherzo.

E’ un lavoro. Che non si impara con i corsi della Scuola Radio Elettra. E’ un mix di: cultura, sensibilità, capacità di intrattenere relazioni umane (prima che professionali), fantasia, dinamismo, padronanza dei contenuti, metodo, volontà e pazienza.

E’ un modo di approcciarsi al mondo. Io per esempio, che faccio anche comunicazione e ho a che fare spesso con giornalisti, ho sempre amato trasmettere agli altri una nozione, un’esperienza, un contenuto o un prodotto/servizio che avevo particolarmente gradito e a cui mi ero appassionato. Va bene il mestiere, d’accordo, ma personalmente mi è difficile comunicare qualcosa che non ho interiorizzato, qualcosa che non mi ha colpito e che non mi ha entusiasmato.

Per fare bene l’addetto stampa occorre poi – ed è fondamentale – facilitare il lavoro dei giornalisti. Pensare come loro, entrare nelle loro dinamiche, capire le loro tempistiche, le loro richieste. Alessandro Iapino consiglia un testo che credo acquisterò: E’ la stampa, bellezza! Pubblicato da un anonimo giornalista milanese, spiega “come sono fatti davvero i giornali”.

 

5 thoughts on “Uffici stampa e giornalisti, ovvero la storia del cane e del gatto

  1. Uscendo un po’ dal seminato: è come se in quest’epoca il rispetto per il lavoro, la fatica, lo studio, si fosse dissolto. Quindi tutti fanno di tutto, e ovviamente ciascuno deve fornire (gratis), consulenze di ogni genere e altamente professionali a chi le richiede, senza mai esitare.
    Il paradosso: quando non c’erano macchine e computer e il lavoro era anche fatica, lo si circondava almeno di un poco di rispetto. Adesso scarico a scrocco il software (al diavolo lo sviluppatore che magari ha impiegato 6 mesi a realizzare quel programma), m’improvviso in tutte le mansioni possibili (basta un po’ di copia&incolla, che diamine!), mi creo competenze inesistenti (tanto tutti fanno così, no?).
    Sia chiaro: i bravi alla fine emergono. Però quanti rospi da ingoiare…

  2. Pingback: Uffici stampa e blogger, ovvero la storia di un amore non corrisposto « Marchètting: il marketing del buon senso

  3. Ciao Stimo il tuo intervento, come altri che hai scritto,
    considero interessante il tuo blog, e che grafica!
    e penso che ti aggiungerò ai bookmarks, Gracias

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